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Protezione internazionale

La vulnerabilità che legittima il riconoscimento della protezione speciale può dipendere anche dalla (sola) condizione di salute

Tribunale di Torino, decreto del 6 ottobre 2021

La IX Sezione Civile del Tribunale di Torino ha riconosciuto la protezione speciale ex art. 19 comma 1.1 d.lgs. 286/1998 a un cittadino nigeriano che, benché privo di rilevanti indici di integrazione familiare, sociale e lavorativa in Italia, ha allegato e provato una precaria condizione di salute a causa di una malattia congenita e cronica. In particolare nel caso di specie il cittadino straniero, in sede di ricorso avverso il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale, ha prodotto cospicua documentazione medica accertante la sussistenza della Sindrome di Arnold Chiari, una malformazione strutturale della sede del cervelletto, a causa della quale l’istante, oltre ad avere limitate capacità visive, soffre di gravi e quotidiane cefalee, condizione che gli impedisce di svolgere le normali attività quotidiane. Il Collegio, rilevato che “è del tutto pacifico che le condizioni di salute del ricorrente, in caso di rimpatrio, lo porrebbero in una situazione di evidente vulnerabilità, posto che egli, cittadino della Nigeria, privo di mezzi, (…) avrebbe serie difficoltà a curare la propria patologia, tenendo anche in considerazione le carenze del sistema del sistema sanitario nigeriano, (…) sicché da ciò discenderebbe anche la difficoltà a procurarsi i mezzi di sostentamento e raggiungere un livello economico che gli consenta di vivere in maniera decorosa”, statuisce l’idoneità di una seria esposizione alla lesione del diritto alla salute quale presupposto per il riconoscimento della protezione nazionale, posto che quest’ultima – oggi come allora – ha come fine ultimo quello di garantire allo straniero condizioni di vita rispettose del nucleo minimo di diritti della persona.

Mali, protezione sussidiaria – Nel paese è assente una tutela adeguata ed efficace da parte dello Stato

Corte di Appello di Potenza, sentenza n. 56 del 5 febbraio 2020

La Corte di Appello di Potenza, dopo aver chiarito come i c.d. “agenti persecutori privati”, in assenza di una tutela adeguata ed efficace da parte dello Stato, possono rilevare ai fini della protezione internazionale, ha riconosciuto, in favore di un cittadino maliano, il diritto alla protezione sussidiaria ex art. 14 lett. a) e b), per la sussistenza del pericolo di morte o di subire trattamenti inumani e degradanti per mano di alcuni membri del villaggio.
Nel riesaminare la vicenda esposta del richiedente asilo – proveniente dal Mali e fuggito per evitare il linciaggio da parte di membri del villaggio danneggiati da un incendio appiccato accidentalmente durante il periodo del raccolto – la Corte di Appello di Potenza ha ritenuto plausibile e giustificata la scelta di A.T. di allontanarsi repentinamente dal villaggio di origine piuttosto che affidarsi alla scarsa efficienza delle forze dell’Ordine locali e nazionali.
Rilevata la plausibilità e la credibilità della vicenda narrata, la Corte ha proceduto ad accertare se i responsabili del timore specificamente esposto – altri membri del villaggio – potessero considerarsi “agenti persecutori” ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 251/2007. Disattendendo un recente arresto della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto che gli “agenti persecutori privati” in una “faida tra soggetti privati” non possono rilevare ai fini della protezione internazionale, ha quindi affermato che: “la vicenda narrata dal richiedente integra gli estremi del danno grave, sotto il duplice profilo che la minaccia posta nei suoi confronti si appalesa quale rischio di morte o di essere sottoposto a trattamento inumano o degradante (ai sensi dell’art. 14 lett. a) e c) del D.Lgs. n. 251/2007)”.